giovedì 22 marzo 2012

STRESS LAVORO-CORRELATO

Lo “stress lavoro-correlato” (SLC) produce effetti negativi sull’azienda in termini di impegno del lavoratore, prestazione e produttività del personale, incidenti causati da errore umano, turnover del personale, abbandono precoce, tassi di presenza, soddisfazione per il lavoro e potenziali implicazioni legali (Cox, 1978; 1995). Ci sono prove convincenti che periodi prolungati di stress, tra cui quello SLC, possono inficiare lo stato di salute di un individuo. Numerose ricerche hanno dimostrato la forte correlazione tra SLC e:
·       Disturbi fisici: cardiopatie, mal di schiena, cefalee, disturbi intestinali ed altre patologie minori (Coxe et al., 2002).
·   Disturbi psichici: ansia, depressione, difficoltà di concentrazione, ridotte capacità decisionali (Daniels, 1997; Ferrie et al., 2002). Inoltre, lo stress può condurre ad altri comportamenti potenzialmente nocivi per il benessere e la salute psichica e, più in generale, a modifiche dello stile di vita e comportamentali (Cooper, 1981; Mols et al., 2010).
 
Il D.Lgs. n 626/1994 ha modificato sostanzialmente la filosofia della “prevenzione” nei luoghi di lavoro chiamando tutti i soggetti a contribuire al miglioramento delle condizioni di svolgimento dell’attività lavorativa, nell’ambito delle responsabilità e delle competenze attribuite al ruolo svolto in azienda. E quindi la formazione, l’informazione e l’addestramento diventano un obbligo sia per il datore di lavoro che per i lavoratori.
Il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, così come corretto dal D.Lgs. 3 agosto 2009, n.106, all’art.28 menziona espressamente tra i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori quelli connessi allo SLC, secondo i contenuti dell’Accordo quadro europeo sullo stress nei luoghi di lavoro, 8 ottobre 2004. Infatti, il comma 1, lett. d), dell’art. 28 del Dlgs. n. 81/2008 prevede, in ottemperanza all’accordo interconfederale siglato a livello europeo l’8 ottobre 2004, che si effettui obbligatoriamente una valutazione dei rischi da SLC.
Il D.Lgs. 106/09 integra l’art. 28 con l’introduzione del comma 1- bis che recita “La valutazione dello stress lavoro- correlato… è effettuata nel rispetto delle indicazioni di cui all’art. 6, comma 8, lettera m-quater e il relativo obbligo decorre dalla elaborazione delle predette indicazioni e comunque, anche in difetto di tale elaborazione, far data dal 1° agosto 2010”.
Oggi, definiamo lo stress come la reazione avversa ad eccessive pressioni o ad altro tipo di richieste. Ricordiamo, inoltre, che esiste una differenza tra il concetto di “pressione”, un fattore talvolta positivo e motivante, e lo stress che insorge quando il peso di tale pressione diventa eccessivo. Lo stress non è riconosciuto come una malattia, ma un’esposizione prolungata allo stress può ridurre l’efficienza sul lavoro e causare anche problemi di salute. Pertanto, l’obiettivo dell’Accordo era offrire ai datori di lavoro e ai lavoratori un modello in grado di individuare e prevenire al fine, comunque, di gestire i problemi di stress da lavoro. Indipendentemente dalle dimensioni dell’azienda, dal settore di attività e dalla tipologia del contratto o del rapporto di lavoro, lo stress può riguardare ogni luogo di lavoro e ogni lavoratore (art.1, introduzione).
Non necessariamente tutti i luoghi di lavoro e tutti i lavoratori ne sono interessati, ma è importante accrescere la consapevolezza sul fatto che lo stress non è responsabilità dei soggetti che lo patiscono (art. 2, finalità). E’ invece una condizione psicologica o sociale legata allo scarto tra richieste e/o aspettative che provengono dal ruolo professionale e dalle capacità individuali di rispondervi (art. 3, descrizione dello stress e dello SLC).
Data la complessità del fenomeno stress, l’Accordo non intende fornire una lista esaustiva dei potenziali indicatori di stress. Comunque, un alto tasso di assenteismo, un’elevata rotazione del personale, frequenti conflitti interpersonali o lamentele da parte dei lavoratori sono alcuni dei segnali che possono denotare un problema di SLC (art. 4, individuazione dei problemi di SLC). Il datore di lavoro aiutato da dirigenti/preposti “con la partecipazione e la collaborazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti” (art 4, comma 3) permetterebbe di affrontare la tematica in termini preventivi e protettivi.
Secondo la direttiva-quadro 89/391, tutti i datori di lavoro hanno l’obbligo giuridico di tutelare la salute e sicurezza sul lavoro dei lavoratori. Questo dovere si applica anche in presenza di problemi di SLC in quanto essi incidono su un fattore di rischio lavorativo rilevante ai fini della tutela della salute e della sicurezza. Tutti i lavoratori hanno un generale dovere di rispettare le misure di protezione determinate dal datore di lavoro (art.5, responsabilità dei datori di lavoro e dei lavoratori).
Laddove nel luogo di lavoro non siano presenti professionalità adeguate, possono essere chiamati esperti esterni, secondo la legislazione europea e nazionale, gli accordi collettivi e a prassi (art. 6, prevenire, eliminare o ridurre i problemi di SLC). Adottare provvedimenti per la gestione delle cause dello SLC rende possibile prevenire o, quanto meno, ridurre l’impatto che tale fenomeno può avere sull’azienda e generare, in questo modo, benefici aziendali.
Mentre il D.Lgs. 626/94 prevedeva una rielaborazione della valutazione dei rischi (art. 4, comma 7) “In occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute dei lavoratori”, il D.Lgs. 81/08 (art. 29, comma 7) stabilisce che la valutazione deve essere ripetuta “In occasione di modifiche del processo produttivo dell’organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione e della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità”. Così come articolato nel suddetto comma, ben si comprende il ruolo che la norma di cui trattasi assegna all’organizzazione del lavoro nella prevenzione dei rischi per la salute, in particolare per gli aspetti psicosociali.
Il nostro Paese ha recepito l’Accordo prima nel D.Lgs. n. 81/2008 e solo nel giugno 2008 in un accordo tra le parti, ma le scadenze per l’applicazione della normativa sono state prorogate più volte, e nella verifica sullo stato di attuazione in Europa, condotta il 2 luglio 2009 il nostro Paese risultava ancora inadempiente.
La valutazione e l’elaborazione del documento di valutazione dei rischi sono effettuate dal datore di lavoro, obbligo non delegabile ai sensi dell’art. 17, comma 1, lett. a), in collaborazione con il RSPP ed il MC (art. 29, comma 1), previa consultazione RLS (art. 29, comma 2). In tal modo, si potranno scongiurare le sanzioni che sono connesse alla mancata valutazione del rischio (l’arresto da tre a sei mesi  o l’ammenda da 2.500 a 6.400 €) comma 1 D.Lgs. 106/09.
Dalla nostra, ancora piccola ma significativa, esperienza abbiamo appreso che la collaborazione con le varie figure presenti in azienda permette di agevolare il processo di valutazione SLC. In particolare, utilizzando questo tipo di approccio integrato che vede coinvolti noi psicologi (come figure esterne), DL, RSPP, MC, RLS e lavoratori stessi, congiuntamente e in modo collaborativo, al fine di identificare e gestire le fonti potenziali di SLC con l’obiettivo di fornire parametri di riferimento per valutare lo stato dell’azienda in esame, utilizzando strumenti di valutazione oggettiva e soggettiva basati su un approccio scientifico e applicativo che comporta una partecipazione attiva dei lavoratori; agevolando così i percorsi decisionali in merito a processi migliorativi di gestione. Pertanto la formazione del management aziendale diventa il presupposto basilare per poter gestire il rischio SLC, poiché  richiede metodi formativi saldati alla realtà aziendale in grado di seguire il miglioramento continuo dei processi produttivi.

Il nostro intervento SLC si articola in questo modo:
  • Analisi della domanda, del contesto organizzativo  e somministrazione della check-list. Inquadramento degli indicatori oggettivi, ossia verificabili, che è possibile associare a condizioni di SLC, attraverso la compilazione della check-list di indicatori verificabili, appositamente predisposta dall’ISPESL. Questo primo step consiste nella raccolta delle informazioni relative all’impresa (organigramma, tipologie contrattuali, lavoratori provenienti da altri paesi, lavoratori assunti ex L. 68/1999, …). A tal fine, costruiamo il contesto conoscitivo necessario per la progettazione dell’intervento valutativo da adottare e per l’interpretazione dei dati che si acquisiranno. Individuazione del livello di rischio SLC (basso, medio, alto): in questa fase si ipotizzano e pianificano azioni di miglioramento.
  • Somministrazione del questionario OSI (Occupational Stress Indicator), valutazione dei risultati e approfondimento con metodologia qualitativa. Attraverso l’utilizzo dell’OSI, strumento specifico, si misura la percezione dello stress dei lavoratori che verrà analizzato in modo aggregato, nel senso che non saranno considerate le singole condizioni di stress occupazionale, bensì quelle dell’organizzazione. Completare l’indagine oggettiva/verificabile con la valutazione soggettiva dello SLC ci permette una lettura più completa e affidabile delle condizioni di vita e di lavoro. I questionari soggettivi non hanno la funzione di identificare problemi di singoli lavoratori, ma di consentire la rilevazione delle percezioni dei dipendenti che, aggregate per area/reparto/servizio contribuiscono ad identificare le condizioni su cui intervenire per eliminare, ridurre o gestire la condizione di SLC.
  • Formazione teorica ed esperienziale formativa/informativa sullo stress al fine di migliorarne la gestione e la qualità delle prestazioni lavorative.
  • Redazione del documento, degli eventuali meccanismi di prevenzione o protezione e comunicazione del risultato: è importante fornire un feedback. Per mettere in atto il percorso di riduzione del rischio SLC e di miglioramento continuo, tale valutazione deve essere utilizzata come base per la condivisione (discussione e comunicazione) dei risultati utili per la gestione del rischio, ma anche per la riprogettazione dei fattori organizzativi di disagio. Gli interventi, già programmati con la valutazione degli indicatori oggettivi, si integrano con le misure derivanti dalla valutazione soggettiva.
  • Monitoraggio e revisione del/i piano/i d’azione e valutazione della loro efficacia.

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