martedì 13 marzo 2012

Parliamo un po' di Stress


Attraverso la nostra attività clinica abbiamo notato un fenomeno interessante, le persone pensano: “Devo ridurre il mio livello di stress! Sì, ne ho bisogno, è proprio ciò che ci vuole per me”.
E’ vero che viviamo in un periodo in cui le pressioni e le richieste sugli individui sono diverse e variegate, ma lo stress non è un’invenzione attuale, esiste da quando esiste l’uomo. Non abbiamo più una serie di fattori ambientali che nel passato costituivano degli strumenti di controllo dello stress: le grandi famiglie, ad esempio, aiutavano contro lo stress perché si viveva in grandi comunità e i clan che facilitavano il processo di condivisione dei pesi sia fisici sia emotivi e spirituali. Non solo, oggi, viviamo in piccole famiglie, ma in quartieri in cui, spesso, non si conosce neanche il vicino di casa. C’è un senso d’isolamento che a volte invade anche le famiglie: non ci si conosce più e spesso non si fa neanche un pasto insieme.

Possiamo chiederci cos’è lo stress?

Selye (1983) utilizzò il termine per descrivere un set di risposte psicofisiologiche messe in atto dall’individuo in risposta a condizioni ambientali avverse.
Appley e Trumbull (1967) specificano che fra le dimensioni dello stress bisogna annoverare anche quelle di tipo:
psicologico, ossia processi cognitivi ed emotivi (emozioni, aspettative, atteggiamenti etc.);   biologico, (Sistema nervoso, Circolatorio, Respiratorio, Ormonale);
sociale (valori, norme, ruoli).
Lo stress si manifesta quando, almeno in uno di questi tre sistemi, il soggetto sperimenta uno stato discrepante tra richiesta esterna (o interna) e capacità percepita di farvi fronte. Lazarus (1966) definisce lo stress psicologico come un particolare tipo di rapporto tra la persona e l’ambiente, dove il giudizio individuale ha un ruolo importante nell’individuare uno sbilanciamento gravoso e potenzialmente dannoso, per il soggetto, tra richiesta e possibilità individuale di farvi fronte. Uno stimolo diventa stressante solo se il soggetto lo considera tale, sulla base di una valutazione cognitiva tra rischi e risorse. In altre parole significa che tutto può essere stressante se richiede alla persona di cambiare, muoversi, rispondere, fare...
Ci sono stati interiori che possono creare molto stress, ad esempio la mancanza di autostima o di uno stile assertivo, ed ecco che in questi casi ogni cosa affrontata sembra enorme, proprio perché non si crede di essere all’altezza del compito. Un atteggiamento di questo tipo può trasformarsi in una sorta di ansia generale con cui affrontare il futuro. Alcuni dei primi segni di stress sono semplicemente dei segnali di tensione: quando si inizia a prestare attenzione e a realizzare quanta tensione è nascosta nel corpo, ciò può  davvero sorprendere. Spesso non sappiamo che il corpo è così contratto, così chiuso, non ci accorgiamo che mille tensioni si racchiudono nelle spalle, nel collo e nelle labbra. Questo tipo di sensazioni possono essere associate a problemi  fisici come mal di testa, problemi di digestione, disturbi gastrici, ipertensione: ci sono diversi modi in cui  il corpo dà  dei segnali, ma se non si presta attenzione e se le cose non migliorano c’è il rischio che i segnali si trasformino in qualcosa di molto più grande.

In quali modi possiamo proteggerci dagli effetti più nocivi e dannosi dello stress?

Nessuno parla di lasciare il lavoro o trasferirsi alle Hawaii o in cima ad una montagna e crearsi una vita priva di stress. Bisogna ricordare che portiamo la nostra mente ovunque andiamo.
Kobasa (1982), Antonovsky (1979), K.R., Parkes and D., Rendall (1988) amplificano ulteriormente il ruolo dei fattori psicologici, puntando l’attenzione sulle risorse di resistenza nei confronti degli eventi stressanti: caratteristiche di personalità e qualità delle relazioni sociali instaurate. Mentre le ultime, possono rappresentare la possibilità di condividere “la fatica”, nell’appoggio empatico del gruppo o nel supporto ad un atteggiamento di problem solving condiviso nella costruzione di strategie di coping più adattive, le caratteristiche di personalità, rappresentano delle variabili più stabili, sulla base delle quali si strutturano anche le differenze individuali nelle risposte agli stressor; ad esempio individui, che mostrano tratti di personalità caratterizzati da alti livelli di ansietà, tendono a reagire in modo molto più intenso alle richieste provenienti dall’ambiente, rispetto a persone che mostrano livelli di ansietà bassa (Spielberger, 1991).
Ciò di cui vogliamo parlare è vivere pienamente la vita che abbiamo e se, per esempio, il lavoro ci distrugge, ma non ci sono possibilità di cambiarlo o di cambiare stile di vita, il punto cruciale diventa il modo in cui ci si relaziona a tale situazione. Troveremo stress in qualsiasi situazione, posto e condizione; quindi il punto è “come affrontiamo le situazioni che la vita ci presenta?”. Ci sono due modi in cui generalmente la gente affronta queste situazioni: l’ansia che si sente conduce alla rabbia la quale può portare a reazioni di tipo conflittuale e  depressivo (con conseguente atteggiamento di chiusura e di fuga), tuttavia nessuno dei modi appena descritti sono funzionali nel nostro mondo.
          Noi facciamo una distinzione tra reagire allo stress (sotto forma di reazione automatica, come se ci fosse un pilota automatico) e rispondere che è sempre una forma di reazione, ma costruita sulla consapevolezza, è aprirsi alle varie possibilità e opzioni con cui si può risolvere la situazione.
Non esiste la soluzione di Micky Mouse per le situazioni stressanti, non c’è una risposta ai problemi della vita, non si tratta di risposte, si tratta di modi di essere. Usare tutto ciò che è disponibile e che è a nostra disposizione come risorsa per affrontare le sfide della vita e lo stress.
Capite bene che sotto stress tutto diventa infinitamente importante, se non si vuol cadere in circoli di reazioni negative che prima o poi finiscono per nuocere alla nostra salute. Molte persone cercano di gestire lo stress cercando disperatamente un controllo sulla situazione e visto che spesso non riescono a controllare la situazione esterna, provano a controllare quella interna. Come? Bevendo, fumando, prendendo sostanze chimiche, lavorando troppo e facendo ciò per un po’ si ha l’illusione di avere le cose sotto controllo. Queste si chiamano erronee strategie di “coping” che finiscono per costituire un ulteriore elemento di stress per il corpo.
E’ assolutamente importante per affrontare le situazioni della vita saper usare gli strumenti che abbiamo imparato quando ci viene chiesto di agire o di  metterci in gioco, altrimenti sarà il mondo a predominarci!

 

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