La Terapia Cognitiva (TC) è stata sviluppata dallo
psichiatra americano Aaron T. Beck mentre lavorava presso l’Università della
Pennsylvania nei primi anni ’60 (J.S. Beck, 1995). La TC cerca di migliorare il
disagio emotivo dei clienti aiutandoli ad identificare, esaminare e modificare
lo stile cognitivo distorto e disfunzionale che è alla base del loro disagio.
La TC aiuta i clienti a sviluppare punti di vista alternativi in modo da
fronteggiare meglio i loro problemi.
L’approccio di A.T. Beck si concentrò inizialmente
sulla ricerca e sul trattamento della depressione (Beck et al.,1979), ma negli ultimi due decenni la TC è stata applicata
ad un numero sempre crescente di disturbi, inclusi i disturbi d’ansia e le
fobie (Beck et al., 1985), l’abuso di
sostanze (Beck et al., 1993), i
disturbi di personalità (Sperry, 1999), i disturbi ossessivo-compulsivi
(Salkovskis, 1999), il disturbo da stress post-traumatico (Ehlers e Clark,
2000), le psicosi (Morrison, 2001), il disturbo bipolare (Newman et al., 2002) e a diverse popolazioni
cliniche come i clienti psichiatrici ricoverati in ospedale (Wright et al., 1993), i clienti con problemi
medici cronici (White, 2001), i bambini e gli adolescenti (Friedberg e McClure,
2002) e le persone anziane (Laidlaw et al.,
2003). La TC è così diventata l’approccio più conosciuto e valido nel campo
della Terapia Cognitivo Comportamentale.
Non sono gli eventi di per sé a determinare le nostre emozioni, ma i significati che noi associamo a questi eventi
E’ importante scoprire il significato che la persona
associa agli avvenimenti della sua vita, per comprendere la sua reazione
emotiva ad un particolare evento. In altre parole, l’evento è identico per ogni
persona ma la reazione emotiva non è la stessa, poiché ogni reazione viene
mediata dal modo in cui ciascuna persona vede quell’evento. Perciò, per
cambiare i sentimenti che nutriamo riguardo gli eventi dobbiamo cambiare il
modo in cui pensiamo a essi.
L’elaborazione delle informazioni diventa distorta quando proviamo un disagio emotivo
La TC è basata su un modello di elaborazione
dell’informazione: “Il presupposto è che sotto l’effetto di uno stress
psicologico, i pensieri di una persona diventino più rigidi e distorti, i
giudizi assumano un carattere eccessivamente generalizzato e assoluto e le
credenze più profonde circa se stessi e il mondo diventino inflessibili”
(Weishaar, 1996, p. 188). In uno stato mentale non disturbato, una persona
tende a controllare le proprie impressioni e valutazioni sugli eventi in modo
da ottenere informazioni chiare e accurate. Quando è emotivamente turbata,
invece, la persona di solito altera le informazioni che riceve introducendo una
consistente distorsione negativa nel suo modo di pensare, così che questo
diventa rigido ed eccessivamente generalizzato.
Insegnare al cliente come identificare e correggere
questi errori cognitivi facilita il ristabilirsi di uno stile di elaborazione
delle informazioni basato sui fatti, flessibile e relativistico (non assoluto).
Esaminando tre livelli di pensiero è possibile di solito comprendere un disturbo emotivo
Questi tre livelli di pensiero sono: i pensieri
automatici negativi; le assunzioni o regole sottostanti (anche dette credenze
intermedie); le convinzioni profonde (o
credenze di base). La strategia di trattamento usata di solito nella TC è
quella di iniziare l’intervento al livello dei pensieri negativi automatici,
per poi passare alle credenze intermedie sottostanti e infine alle credenze di
base.
Pensieri, emozioni, comportamento, risposte fisiologiche e ambiente sono interconnessi
La TC non propone un modello unidirezionale dei
disturbi emotivi, per cui un dato pensiero negativo o una credenza circa un
evento conducono a un sentimento e a una risposta fisiologica che poi producono
un certo comportamento. Ognuno di questi elementi è capace di influenzare tutti
gli altri in un ciclo interattivo.
Le persone afflitte da problemi
psicologici sono da considerare come degli scienziati scarsamente efficienti,
che potrebbero essere d’aiuto a se stessi se mettessero alla prova le loro
ipotesi in maniera più efficace, scartando quelle che non funzionano in favore
di altre che funzionano meglio. (Wessler, 1986, p. 6).
L’immagine
di terapia che il terapeuta cognitivista vuole trasmettere al suo cliente è
quella di due scienziati che lavorano insieme per definire il problema di
costui, per formulare e valutare ipotesi su di esso e trovare così le migliori
opzioni di risoluzione (Blackburn e Davidson, 1995). Beck e i suoi collaboratori (Beck et al., 1979) definiscono questo lavoro
di squadra, come se terapeuta e cliente fossero due scienziati, “empirismo
collaborativo”. Sviluppare un atteggiamento di apertura mentale significa che
sia il terapeuta che il cliente discutono a partire dalle informazioni concrete
che hanno raccolto, piuttosto che discutere di opinioni personali o di
pregiudizi.
Immerso negli orrori indescrivibili di Auschwitz, Viktor Frankl,
un famoso psichiatra, ebbe modo di osservare che “qualunque cosa può essere
tolta a un uomo, tranne una: scegliere il proprio atteggiamento in ogni specie
di situazione, scegliere la propria strada” (Frankl, 1985, p.86).
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.